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“Tutti al mare!”, riapre il lido dedicato ai disabili nel Salento, il primo anno senza il suo ideatore Gaetano Fuso

IO POSSO è il progetto solidale nato sei anni fa attorno a Gaetano Fuso, assistente capo della Polizia, marito e padre di famiglia che a un certo punto è incappato nella disabilità.

Gaetano Fuso, ideatore di “Io Posso”

Gaetano Fuso, scomparso a novembre 2020, aveva una grande consapevolezza di sé, quella che è possibile auspicare quando certe condizioni bloccano di fatto la vita e i sogni, e che accresce alla luce di norme di civiltà, che indicano finanche la necessità per la società di attrezzarsi per rendere accessibili anche luoghi di svago e del turismo.

Ma facciamo un passo indietro. Gaetano, ispirato semplicemente dal più elementare desiderio di soddisfare una propria esigenza, nel 2015 ha immaginato un luogo in cui far ritrovare a chiunque, in acqua, quella leggerezza che malattie come la SLA tolgono inesorabilmente.

Sotto i migliori auspici, e come eredità del suo ideatore, anche quest’anno, fino al 15 settembre, torna la terrazza “TUTTI AL MARE!”, il primo accesso attrezzato al mare per persone affette da gravi disabilità motorie, ideata dallo stesso Gaetano Fuso e realizzata dall’associazione salentina “2HE – IO POSSO”, oggi presieduta da Giorgia Rollo, moglie del compianto Gaetano.

La struttura è realizzata su un tratto di spiaggia libera della marina di San Foca di Melendugno, in provincia di Lecce, e offre gratuitamente postazioni, ausili e personale specializzato per la permanenza in spiaggia e l’ingresso in acqua in sicurezza anche a persone immobilizzate e dipendenti da macchinari elettrici. Dopo l’inaugurazione dello scorso 15 giugno abbiamo raggiunto Giorgia Rollo, per affrontare vari temi che di riflesso entrano in gioco quando si pensa alla terrazza e al progetto complessivo.

Emerge subito la considerazione che la presenza di uno spazio del genere sul territorio accresce tutta la comunità, e con una certa punta d’orgoglio Giorgia ci spiega che «contribuisce a far attribuire le Bandiere Blu alla località che la ospita».

Si riprende a pieno ritmo dopo gli stop per la pandemia: come è stato ricominciare?
La riapertura da dover gestire con la crisi pandemica è stata un’esperienza già vissuta lo scorso anno, quando riaprimmo con fatica e lo stesso Gaetano non è venuto in spiaggia perché è stato molto difficile per le particolari condizioni in cui eravamo aperti. Comunque anche nel 2021 riapriamo con grande entusiasmo per restituire serenità a persone che hanno vissuto un periodo di grande difficoltà, per ridare dei sorrisi e un po’ di serenità. La mia soddisfazione più grande è riuscire a garantire i servizi della terrazza per tutto il giorno senza interruzione, non come invece accadde lo scorso anno, quando interrompevamo per la scarsità di personale disponibile.

Gaetano da qualche mese non c’è più. Che emozioni avete vissuto alla prima riapertura senza di lui?
Dal punto di vista emotivo è stato un momento molto intenso, come quando le nostre bambine anno alzato la bandiera. Comunque ogni momento lo abbiamo vissuto come occasione di una riacquisita libertà per tutti, pur consapevoli della tristezza per l’assenza di Gaetano. Ma la sua eredità è nei sorrisi delle persone e rappresenta la forza che ci sostiene. La vita non si può fermare. Ce lo ha insegnato la stessa malattia e occorre lottare ogni giorno.

Quale percezione hai sull’affermazione dei diritti per le persone disabili in Italia e sul tuo territorio?
Ci sono molte difficoltà in tutta Italia su questo fronte, soprattutto legate alla burocrazia, volendo vedere la nostra esperienza diretta. Ogni anno risulta molto faticoso riavviare il progetto. Con franchezza vorrei affermare che sul nostro territorio noi facciamo la differenza per il modello proposto e che viene replicato anche in altre regioni, come Sardegna o Emilia Romagna. Quando abbiamo invitato a sviluppare queste progettualità, abbiamo notato come altrove, forse per delle sensibilità diverse, a quelle realtà e a quelle persone è stata data la possibilità di gestire delle strutture e delle imbarcazioni. Da apripista su questa strada lamentiamo certe lentezze, come anche su altri progetti, come quello per la ricerca scientifica. Per fortuna abbiamo tanti volontari che si fanno carico di queste difficoltà e i riconoscimenti e la fiducia arrivano dalle persone che ci offrono sostegno. Invece le istituzioni faticano a riconoscerci come realtà in grado di garantire qualcosa alla comunità.

Da questo punto di vista com’è il rapporto con il territorio?
Noi abbiamo scardinato la mentalità del posto. San Foca è una località di mare che ormai è piena di scivoli e molte case per l’accoglienza turistica si sono adeguate alle necessità delle persone disabili, ma ancora sul territorio non c’è una rete forte con strutture ricettive e ristoranti pienamente accessibili. Abbiamo chiesto delle collaborazioni, ma ci vorrebbero delle reti forti anche in questo settore proprio per rafforzare certi servizi che aprano il territorio al turismo accessibile. Manca ancora molto lavoro su questo fronte. Anche qui occorre riconoscere con franchezza che è il ruolo degli enti locali a dover mutare, devono cioè fungere da facilitatori.

Come immagini il tuo futuro, ma anche quello del progetto?
Questa malattia ti congela, ti rende impossibile immaginare il futuro anche a breve termine. Ti imponi, ad un certo punto, di non pensarci al futuro. Ora sto cercando di lavorare su me stessa, proprio per poterne immaginare uno e avere fiducia che sia possibile. Il punto certo è che non voglio abbandonare questo sogno e continuare a realizzarne altri come quello del camper, la realizzazione di una residenza per disabili e altre strutture riabilitative, ma anche la creazione di un network delle strutture simili alla nostra in Italia. I tempi li vedremo, ma è questo ciò che desidero, anche a nome delle mie figlie. A loro modo esprimono questa volontà, pensiamo che questa sia la direzione.

Stiamo raccontando di sottofondo la storia di un uomo, un padre di famiglia, ma anche un servitore dello Stato come poliziotto. La terrazza riprende le sue attività con una rinnovata collaborazione con il Ministero deli interni e con la Questura di Lecce. Che rapporto c’è con gli ex colleghi di Gaetano?
La collaborazione con la polizia, prima per Gaetano e poi per me, è stata e continua ad essere molto importante. Sin da subito gli uomini e le donne della Questura di Lecce si sono sempre avvicinati con calore. Gaetano parlava a proposito di questo di una “grande famiglia” ed effettivamente si è manifestata come tale. Molti mi hanno testimoniato che ne hanno beneficiato come volontari per un accrescimento delle loro persone. Hanno partecipato e sono stati vicini concretamente alla visione di Gaetano e del progetto e sapere che hanno continuato a dare fiducia è un messaggio di vicinanza importante e un gesto di grande affetto. Vedere un poliziotto oggi per me è come rivedere Lui. A livello istituzionale è importante il contributo della Polizia di Stato, perché il nostro ospite vede una grande professionalità garantita dalle persone che ci prestano servizio in terrazza. Per chi si avvicina come volontario si mette oltretutto in gioco non solo nei mesi estivi, ma anche d’inverno, coltivando amicizie. Spesso si sono creati legami forti tra molti di noi.

Redazione

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