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Il Columbus Day e gli Altri – Sono razzista Ma

Questa settimana la nostra rubrica è scritta da un’ospite d’eccezione, Alba Monti. Antropologa, scrittrice, attivista, insegnante resistente in un mondo che conserva un briciolo di umanità anche grazie all’opera meritoria di persone come lei. Quella che segue è una sintesi del discorso che ha tenuto il 27 ottobre 2018 all’Ex Auditorium Comunale “Nassirya” (Nuovo Teatro degli Storti) di Alzano Lombardo (Bergamo), in occasione della giornata di riflessione eVenti Nativi. Il suo intervento si intitola: Diritti dei popoli nativi, tra resistenza e resilienza”:

12 ottobre: una parte del mondo festeggia simbolicamente la “caduta” delle Colonne d’Ercole, quelle che impedivano allo sguardo – e quindi alla conoscenza – di allargare gli orizzonti, e negavano la possibilità di “superare i propri limiti” intesi non solo nel senso geografico, ma anche a partire da quello.

Nel Canto XXVI dell’Inferno dantesco è scritto che “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Questo Canto è noto anche come “il Canto di Ulisse”, colui che incarna il bisogno umano di valicare ogni spazio e ogni limite. Ulisse viaggia e si allontana dalla sua Itaca, cioè dalle sicurezze e dalle certezze della sua cultura, per apprendere cosa possa esserci ancora oltre il già noto, e, quindi, per conosce l’altro e l’alterità. Circe, Calipso, Polifemo, i Ciclopi: tutte e tutti assai diversi dal modello greco di cultura. Così, da sbarre che chiudono e circoscrivono il mondo, le Colonne d’Ercole si trasformano in una finestra sul mondo.

11 ottobre: simbolicamente indica l’ultimo giorno in cui i popoli nativi del nuovo Continente – ma forse possiamo dire di tutti i Continenti – avevano ancora la propria libertà e con quella i diritti fondamentali e inalienabili di una vita che possa chiamarsi tale: diritto alla auto-determinazione; diritto alla terra che da sempre hanno abitato gli antenati; diritto alla lingua con la quale hanno dato nome al mondo; diritto ai canti con i quali hanno tramandato le conoscenze ancestrali; diritto alle danze che avevano anche la funzione di accompagnarli (la danza assume in molte culture una funzione poietica, come per i Guaranì tra i quali la danza deve assicurare un movimento continuo, perché danzando si imprime il movimento alla Terra che, altrimenti, si fermerebbe e la vita cesserebbe di essere. Le danze degli indios Guaranì mi fanno pensare al disegno dell’artista Marco Papa custodito nel Museo San Rocco di Trapani: è un Cristo che danza senza la croce. Noi diciamo che “Cristo si è immolato per noi”, cioè ha dato la sua vita perché noi avessimo la vita; un Guaranì direbbe che ha danzato per noi – e ancora danza, perché sulla croce ci è rimasto); diritto agli usi e ai costumi propri della loro cultura; diritto alla religione, intesa come legame profondo con entità soprannaturali con cui solo pochi possono entrare in contatto diretto (re-ligione è ri-legare, cioè legare con un legame doppio l’umano al soprannaturale, e il soprannaturale all’umano); queste entità non si vedono, però esistono, entrano in relazione con noi, aleggiano nelle nostre vite, condizionano i nostri comportamenti. In una sola parola: il diritto alla propria cultura e, quindi, alla propria esistenza (Per cultura intendiamo l’insieme di conoscenze, credenze, arte, morale, diritto, costumi e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dalle persone in quanto componenti un gruppo sociale).

È successo, però, che a partire da quel 12 ottobre, la nostra libertà abbia coinciso con la fine della libertà di altri popoli, e con il genocidio – fisico e culturale – di molti di essi.

Di questo i libri di Storia non parlano. Perciò proviamo noi a raccontarne la storia; ma con modalità diverse, operando una sorta di “decentramento narrativo”, che significherà narrare la Storia dal punto di vista dell’Altro. Non più di chi l’ha scritta, ma di chi l’ha subita.

Chi è l’Altro?

O forse dovremmo dire chi era?

Alba Monti

Antropologa salentina, alterna i suoi interessi etnografici tra gli indios dell'Amazzonia, i Dogon e i Ba-Yaka dell'Africa. A questi interessi coniuga quelli per la Sociologia dell'educazione, che la vedono sul campo nel carcere di Lecce, tra i bambini e le bambine dei Lunapark e dei Circhi nell'Est europeo, tra i bambini e gli adulti di strada delle megalopoli africane e sudamericane. Ha soggiornato più volte presso gruppi seminomadi nella ex Yugoslavia; nelle brousse africane; nella foresta amazzonica. È autrice di testi scientifici, favole, saggi sulle culture tra le quali si è formata.

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