Il 17 maggio 1990 l’Organizzazione mondiale della Sanità escluse per la prima volta l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, definendola “una variante naturale del comportamento umano”.
Questo non significa che l’affermazione dell’identità di genere per qualsiasi individuo sia diventata più semplice. Senza soffermarci su quelle parti del mondo dove essere gay è ancora un reato, o peggio è ritornato a esserlo, basta prendere a esempio proprio l’Italia. Un’importante indagine dell’Agenzia Europea per i diritti fondamentali su 140mila persone che si sono dichiarate appartenenti alla comunità Lgbtqa+ sottolinea come il 63% degli intervistati eviti di tenere per mano il proprio partner in luoghi pubblici, in larga parte per la paura di essere aggrediti, ma anche e semplicemente per non subire il giudizio altrui. E proprio le reazioni violente stanno emergendo, con cifre che marciano intorno ai 200 casi l’anno negli ultimi tre anni. Pensiamo a quanto amore e gioia sono stati contenuti, repressi, attaccati.
Anche il dibattito linguistico sull’introduzione di termini neutri è accesissimo e spesso ideologico, ma in questa sede è impossibile darne conto in modo sintetico. In questo clima avvelenato è andata avanti con molti problemi la discussione sul cosiddetto ddl Zan, che arriva finalmente a una svolta. Proprio oggi i media riportano una generale attenuazione delle posizioni dei leader politici riguardo al disegno di legge.
Questo perché i recenti sondaggi danno prova dell’evidente posizione favorevole degli elettori di tutti i partiti nei confronti dell’iniziativa legislativa.
Il sondaggio Ipsos per Wired riporta che il 57% degli italiani riconosce un problema di discriminazione basata sul colore della pelle, sulla religione e sull’identità sessuale. Che il 59% degli italiani sa cos’è il ddl Zan, mentre il 30% lo ignora proprio. Il 49% ritiene giusto estendere le pene previste per i reati di razzismo anche agli atti di discriminazione per gli altri motivi. Termometro Politico sottolinea che 60% degli italiani è favorevole al ddl Zan, percentuale che sale all’80% se si considerano gli adolescenti.
BiDi Media ne ha svolto uno molto interessante, basato sulle opinioni dei sostenitori dei diversi partiti, come dicevamo. Il risultato generale è che il 56% degli elettori è favorevole al ddl, mentre il 26 è totalmente contrario. Notevoli il 40% di Forza Italia e le cifre intorno al 20% di Fratelli d’Italia e Lega.
Di fronte a queste cifre, non sorprende che i leader dei partiti prima e addirittura la Conferenza Episcopale oggi, abbiano assunto posizioni meno rigide.
Per quanto riguarda la Cei, va detto che le posizioni di partenza erano quasi oltranziste. Una nota del giugno 2020 recitava così: “Non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni… oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si deve innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto”.
Oggi il presidente della Cei, come riportato dall’organo ufficiale della Conferenza, cioè il quotidiano Avvenire, il cardinale Gualtiero Bassetti, pur affermando che “non ci fosse bisogno di questo disegno di legge perché c’è già tutta una legislazione sufficiente a tutelare le persone contro le discriminazioni e le violenze”, ammette che: “se si ritiene utile una legge specifica contro l’omofobia, va bene”.
Mi sembra piuttosto penoso dovermi soffermare sulle opinioni cambiate in corsa dai leader dell’estrema destra che sono in parlamento, ma per esempio, Giorgia Meloni ha parlato della legge come di una scorrettezza che vuol punire di fatto un reato di opinione. Lo stesso Salvini fino al primo maggio sosteneva che con il ddl Zan chi avesse detto qualcosa contro la cosiddetta “famiglia naturale” e/o l’utero in affitto avrebbe rischiato il carcere. Da queste panzane, in virtù dei sondaggi e di quello che forse ha potuto spostare Fedez, si è arrivati a posizioni più concilianti. Lievemente più concilianti nel caso di Meloni.
Per tornare ai vescovi, che sono stati il vero scoglio di questa battaglia, il problema principale sembra essersi spostato molto più verso una frase del ddl: “le scuole possono attivare percorsi di educazione al rispetto se concordati con il genitore nel piano dell’offerta formativa e nel patto educativo a inizio anno”. Per intenderci, molto meno di quello che è stato fatto per il bullismo, ma se alla Cei si toccano le scuole private o paritarie, come vogliono chiamarle, sono guai.
Il cosiddetto reato d’opinione è una cosa che ha fatto titubare molto anche me. Nella legge si fa riferimento al “concreto pericolo” che siano messi in atto comportamenti discriminatori. Come fare a stabilire questo aspetto in sede giuridica è oggetto di dibattito di molti giuristi e non chiude a mio avviso perfettamente la legge, lasciando aperti spiragli interpretativi che potrebbero creare problemi.
Sarebbe benvenuto un dibattito realmente politico sulla questione, ma è molto difficile alzare l’asticella con i mestatori del torbido che siedono adesso in parlamento. Una piccola riflessione a margine andrebbe fatta sulla capacità di creare consenso di uno come Fedez, che ha oggettivamente dato una grossa mano all’avanzamento del ddl. Un lavoro importantissimo, senza dubbio.
O almeno, un dubbio c’è e mi spiace molto che questo pensiero sia stato tacciato di benaltrismo: sarebbe così difficile legiferare in modo più semplice e universale, riconoscendo allo Stato il fondamentale impegno di garantire i diritti sociali e civili e soprattutto quelli economici per lasciare gli individui liberi ed eguali? Ecco, di una cosa così non possiamo chiedere a Fedez di parlare, ma sarebbe necessaria un’azione politica sentita e possibilmente dal basso.