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Ma il lockdown non era meglio?

Il mio lockdown

In attesa che Conte potesse snocciolare con voce cantilenante l’uno dopo l’altro i suoi divieti dettati dal Logos11 – nel senso del termine latino corrispondente a ratio, oratio (ragionamento, ragione, disegno, ma anche discorso), desiderio supremo che tutti cercano di soddisfare., con il popolino in subbuglio e pronto alla ribellione davanti agli schermi 22 – come tutti gli altri del sedicente popolo eletto, in attesa del ritorno di Mosé spinto verso il mistero, Esodo 19,3– costernato ai piedi del monte Sinai – sono stato trasportato dall’obbligata clausura verso vette di silenzio e contemplazione. Quei monti erano caldi e oscuri, ondeggiavano in una visione di libera coscienza, erano fili di paesaggio intrecciati che nascondevano nel cuore della notte la primavera. Ma quale tipo di Nulla ho sperimentato? Ora dovete sapere che esistono due tipi di nichilismo, quello occidentale che è il nichilismo per niente, e quello orientale che è, per converso, un nichilismo tutto speciale, fatto di quiete e rinuncia alle sofferenze quotidiane, un ascolto del nulla con animo quieto. Avrei potuto nella seconda ipotesi annichilirmi del tutto a orecchie spalancate, con gli occhi nudi sul palmo della mano: deve infatti scomparire l’io, tramontare, come si usava dire, bisogna esercitarsi a morire per un simile risveglio. Questo è stato il mio lockdown. E l’altro? Qual è l’altro nichilismo bambinescamente facile? La ricerca della felicità presso un punto vendita? Ma qual era il vecchio modo di godere della vita? Gli atavici istinti? Le abilità primitive?

La bontà è una questione di budget

Gli altri sono agli arresti domiciliari, con le bandiere arcobaleno alla finestra e le impalcature demagogiche ad imprigionarli. Come avrebbero potuto continuare a delinquere i giovani italiani, come avrebbero potuto inquinare, depauperare, perpetrare stili di individualismo sfrenato stando a casa segregati, reclusi a fabbricarsi nuovi dèi per l’occasione? 33 – Si veda Esodo 32, 4-5.

Non c’è più la colpa: la morale sta diventando instabile nella rovinosa caduta relativista. L’uomo non è buono se la bontà non è alla portata del suo budget.

Un atto d’acquisto basta dove il pensiero si ritira pigramente: è più semplice acquistare un concetto sussunto che fabbricarsene uno in proprio. L’industria culturale sforna pensieri seriali, e li ricombina nel modo che meglio soddisfa i bisogni poveri e i desideri miseri44 – è quindi povero nel senso etimologico del termine: è colui che produce poco, che è piccolo (moralmente).

L’igiene

Non è possibile concludere questo discorso senza soffermarsi sull’igiene. Punto primo: oltre a quello esteriore, dobbiamo igienizzare il nostro ambiente interiore. Durante il lockdown ci hanno insegnato a lavare le mani con cura, pedissequamente, dove acqua e sapone sono solo premure da farisei55 – si veda Matteo 15:1,2 e Luca 11:39,40..

E una volta belli e profumati siamo pronti a palesarci: l’idolatria è una spinta compulsiva verso il frivolo, una religione falsa e distorta, figuriamoci poi quella di noi stessi. Punto secondo: la nettezza non si addice alla nostra immagine falsificata attraverso i social (struttura che ha sostituito la coscienza personale con una collettiva virtuale) che rappresenta i nostri valori consumistici su vari livelli di degradazione culturale. Il linguaggio ad esempio è impoverito dal gioco del botta e risposta nelle chat, che non vale l’energia elettrica che occorre per visualizzarlo sullo schermo: le tastiere bruciano (soprattutto quelle degli smartphone), e gli emoticon proliferano: l’ultima frase fatta è “noi ce la faremo!”.

Lo spreco

Per apparire in questo ansioso modello di specchi deformanti bisogna rinunciare all’identità, bisogna indossare il cappotto naïf, configurare l’ultimo modello. E, appunto, possederlo.
E, riguardo agli allarmismi pre-lockdown, chi siamo noi per impedire alla gente di acquistare sproporzionate quantità di cibo che finirà poi per buttare insieme a carta, cartone e plastica66 – consiglio sull’argomento l’agile volumetto “Spreco” Andrea Segrè, 2014, Rosen-berg & Sellier.?

Lo spreco è basilare perché il pil cresca: questa è la medicina radicale, la droga sedu-cente per i governi. L’inquinamento richiede un’ulteriore dispendio economico per mettervi fine, nonché un notevole prezzo in vite umane.

Il possesso

Possedere l’oggetto è la fase intermedia del desiderio: non ne produce l’estinzione e non è nemmeno la cura. Questa è un’altra forma d’inquinamento quotidiano77 – la soluzione definitiva al problema ci è stata fornita dalle religioni millenarie, per quanto banalmente, con il precetto “non possedere beni materiali”.

L’avidità

Ora una facile definizione: l’avidità è il motore immobile dell’economia88 – o, meglio definita, crematistica, da τὰ χρήματα, ricchezza, dunque “l’arte di accumulare denaro”.

A proposito di avidità, il mercato delle mascherine chirurgiche ha subito un’impennata verticale, trionfa la piccola, media e grande speculazione di un bene divenuto d’emblée necessario. Al contrario, l’amuchina è introvabile e, sottobanco, costa quanto una settimana alle Maldive. Gel disinfettante che, per inteso, è un vezzo assurdo, cretino e inquietante.

I nuovi profeti

Altra definizione capziosa: maggiore è la specializzazione, maggiore è l’errore. Nel frattempo, nuove categorie professionali salgono alla ribalta: i virologi/epidemiologi elevano le loro figure di anonimi contabili al rango di profeti. In televisione non si parla d’altro. Alle casalinghe, custodi di un sapere arcaico, e mai state tante, interessa l’ultimo aggiornamento, fremono, bramano conoscere la conta dei morti, e sono pronte a tutto per accaparrarsi la maggior quantità possibile di lievito di birra. Sintesi: questo è l’uomo privo di mezzi, l’affamato, il bisognoso, il cliente.

L’espansione della coscienza

Essere confinati in casa è stata un’enorme espiazione dalla quale ripartire? E da questo punto di vista appartato, come fare a spingere la società verso il cambiamento? Il problema è pedagogico.
Come ogni crisi, che richiede opportuna saggezza, un’espansione della coscienza è inevitabile. Il dolore permette la comprensione della fragilità del modello chiamato civiltà occidentale, aggravato dal peccato di essere colonizzatori, missionari e persecutori. E l’imperativo rimane. Il maestro dice: devi cambiare la tua vita. Questo non è più monopolio delle cerchie monastiche e delle religioni, ma è l’orizzonte dell’intero campo sociale. Per farlo devi imparare. Perché, se tutta la nostra esistenza è una scuola – l’intero mondo è una scuola, e il mondo non ha mai torto. L’esistenza è la casa della disciplina: almeno per chi vuole vivere autenticamente.

*in cover foto di Victor He da Unsplash
Angelo Petrelli

È nato a Roma nel 1984. Laureato in Filosofia, vive e lavora a Lecce. È autore della silloge poetica Elegìa (Besa) e del poema Molokh (PeQuod). Ha fondato L’Alter Ego, periodico d’estetica e cultura letteraria. Ha collaborato con diversi quotidiani locali e i suoi interventi critici sono apparsi su riviste come Allegoria (Palumbo editore), Atelier (Edizioni Atelier), L’immaginazione (Manni), Krill (Lupo editore) e il lit-blog nazioneindiana.com.

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