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Liberazione – Parole alla Lente

La parola scelta per la nostra rubrica, essendo il 25 aprile, è “Liberazione”. Non spiccheremo per originalità e chi scrive ne è pienamente consapevole. Allora, in ossequio a una regola aurea del buon giornalismo, ci consoleremo pensando che scegliendo questa parola in questa giornata almeno saremo “sul pezzo”. Ma in che modo?

In questi ultimi giorni la parola Liberazione è stata al centro di un dibattito paradossale, a tratti imbarazzante, tra rivendicatori e detrattori, tra esponenti politici e oppositori di altri partiti. Come se la Liberazione fosse una data su cui discutere. Ancora, nel 2019!

C’è chi ha addirittura vietato le commemorazioni e le celebrazioni per il 25 aprile e chi ha fatto sapere che non parteciperà. Più che affranti, c’è da essere sconcertati.

E allora, visto che sembra tanto un cane che si morde la coda, abbiamo pensato che se c’è così tanta paura di memoria, l’unica “cura” possibile sia la memoria stessa.

Così, per un fatto di logica, oltre che per un profondo rispetto nei confronti di chi per questo giorno e in questo giorno ha lottato con dignità.

Facciamo un passo indietro e cerchiamo di ripetere cos’è questa Liberazione che oggi ci fa tanta paura.

Il 25 aprile del 1945, a Milano, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia proclama l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti e invita tutte le forze partigiane ad imporre la resa ai fascisti.

Ecco perché si chiama Liberazione (perché appunto diede avvio al processo ufficiale di liberazione dai nazifascisti) ed ecco perché è una festa (perché di fatto liberò il popolo italiano da una estenuante occupazione). Non è secondario aggiungere che si tratta di una festa nazionale della Repubblica Italiana perché di fatto mise fine al fascismo, la cui apologia è oggi vietata per legge. L’articolo 12 della Costituzione recita, infatti: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista».

Per amore della storia e per profondo rispetto nei confronti di chi ha combattuto con il corpo, con gli ideali e con la vita per qualcosa che oggi noi mettiamo così facilmente in discussione – seduti comodi alle nostre scrivanie e con le dita sullo smartphone – questa rubrica si conclude riportando il messaggio che l’allora partigiano Sandro Pertini (poi settimo presidente della Repubblica Italiana dal 1978 al 1985) diffuse per proclamare l’insurrezione: «Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire».

Angela Michela Lomoro

Giornalista professionista. Per SinapsiMag curo la rubrica "Parole alla Lente", perché amo le parole e cerco di sceglierle con cura, per lavoro e per passione. Mi occupo di comunicazione in progetti di promozione culturale e innovazione sociale. Seguo con interesse la presenza delle parole sul web, con uno sguardo particolare al rapporto tra minori e digitale. Nel tempo libero mi dedico alla lettura e alla scrittura di racconti, alcuni pubblicati sul mio blog: nomicosecittablog.com.

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