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Il lungo viaggio dell’Homo sapiens. Intervista con Flavia Salomone

Quali sono gli ingredienti giusti per la ricetta perfetta dell’Evoluzione? Cos’ha permesso a una scimmia più intraprendente di compiere tutto il percorso che in “soli” sette milioni di anni l’ha portata fino a noi? Un libro che prende per mano i bambini accompagnandoli nella loro personale composizione del puzzle evolutivo. L’apprezzatissimo C’era una volta Homo (Edizioni Espera) della biologa, antropologa e divulgatrice scientifica Flavia Salomone è tornato in libreria a quattro anni dalla sua prima edizione e si presenta con una veste grafica rivista, nuovi contenuti e le illustrazioni di Giada Giannetti.

l'autrice di Io sono Homo

Flavia Salomone

Flavia Salomone, classe 1965, è nata e vive a Roma. Biologa e antropologa fisica, dopo la laurea alla Sapienza di Roma, per alcuni anni ha condotto ricerche sulla biologia delle popolazioni umane del passato su campioni scheletrici di epoca romana (I-III sec. d.C.), presso il laboratorio di antropologia della Sapienza e del Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico Luigi Pigorini di Roma. Si occupa di divulgazione scientifica, anche attraverso le nuove tecnologie multimediali e dal 2014 propone attività educativo-didattiche presso le scuole elementari e le librerie specializzate per bambini. Autrice di varie pubblicazioni scientifiche, con Edizioni Espera ha pubblicato “C’era una volta… Homo”, affiancato dal laboratorio Con le mani di Homo, un progetto di divulgazione scientifica che da anni sta girando l’Italia – scuole, musei, aree archeologiche, biblioteche, parchi tematici, centri ricreativi – con l’obbiettivo di avvicinare i più piccoli alla scienza attraverso la manualità e la possibilità di essere protagonisti del proprio processo di apprendimento.

Dopo averla ospitata a un’incontro divulgativo di Sinapsimag, le abbiamo rivolto alcune domande sui temi salienti del suo libro e del suo lavoro.

Evoluzione. Come si racconta un viaggio così lungo ai bambini?
Parlare di evoluzione ai bambini non è proprio semplice. Si tratta di concetti complessi legati alla dimensione tempo, che a 8 anni, fascia d’età in cui i programmi scolastici prevedono lo studio della preistoria e quindi dell’evoluzione dell’uomo, non viene percepita ancora correttamente. Tuttavia, creando attività educative che vedano i bambini direttamente coinvolti nel processo di apprendimento si riesce a veicolare concetti complessi come questo.

Da dove viene l’uomo e dove andrà?
Ad oggi i dati scientifici ci dicono che l’uomo si è originato in Africa: una storia lunga circa 3 milioni di anni cosparsa di tantissime specie umane oggi estinte. Anche Homo sapiens è comparso prima in Africa e poi migrando ha conquistato tutto il resto del pianeta.
Più complesso dire dove stiamo andando. Attualmente siamo parte di profonde trasformazioni ambientali che, se non riusciremo a contenerle, determineranno scenari nuovi in tempi brevissimi. Saremo capaci di adattarci a trasformazioni così radicali di cui siamo in gran parte responsabili, come nel passato lo furono i nostri antenati? Se riusciremo in questa impresa sicuramente fra un milione di anni la specie umana sarà molto diversa da quella attuale. Se non riusciremo è ragionevole pensare che ci estingueremo. Tuttavia sono solo ipotesi, ragionamenti. Non possiamo davvero dire che cosa accadrà.

Che cosa può insegnare all’uomo di oggi la storia dell’evoluzione? Penso all’assenza di appigli per chi voglia ancora parlare di razze, alla cooperazione nella vita in gruppo e nella trasmissione delle esperienze e della fabbrilità, all’istinto che ha portato alle realizzazioni artistiche e allo stupore davanti alla natura che ne ha formato la spiritualità. Cos’altro si può dire?
La storia dell’evoluzione anzitutto ci mantiene legati alle nostre radici. Ci ricorda che siamo una piccola parte del mondo animale e che rispondiamo alle regole di Madre Natura come ogni altro essere vivente. Ci ricorda che è importante cooperare e che la biodiversità umana è fondamentale per mantenere viva la nostra specie. Ci racconta che tutti i popoli che abitano il pianeta hanno colori e tradizioni culturali diversissime ma che appartengono tutti ad una sola specie Homo sapiens e che questa grande diversità è frutto di una storia antichissima di adattamenti all’ambiente. Ci ricorda infine che lo stare insieme ha sviluppato il bisogno di raccontare, che la narrazione di esperienze e azioni ha permesso di trasferire conoscenze da una generazione all’altra rafforzando il legame nel gruppo. Gruppi coesi sopravvivevano meglio. Oggi dovrebbe farci riflettere. Stiamo andando verso una deriva individualista e narcisista che ci rende tutti vulnerabili.

Libro per bambini sull'evoluzioneLa paleoantropologia come disciplina è molto giovane: quali sono le scoperte che rivoluzioneranno il nostro immaginario riguardo agli uomini primitivi? 
Sicuramente i prossimi fossili che verranno ritrovati prima o poi. Potremo così cercare di completare il puzzle dell’evoluzione umana, ancora pieno di incognite e di casi irrisolti. La genetica ha già fatto moltissimo ma sono certa che riuscirà a stupirci sempre di più nella complessa narrazione della nostra storia.

A proposito di immaginario, viviamo una specie di rivalsa della comune simpatia per l’Uomo di Neanderthal: come cambia le nostre conoscenze sapere che c’è stata un’ibridazione tra le Neanderthal e Sapiens?
C’è qualcosa del neanderthal in ciascuno di noi. A me personalmente piace questa cosa. L’uomo del grande freddo ha sicuramente insegnato qualcosa al sapiens e viceversa. Il sapiens è rimasto perché malgrado fisicamente fosse meno prestante rispetto al neanderthal, tuttavia aveva un modo di approcciare all’ambiente totalmente nuovo che si è rivelato vincente.
Il fatto che conserviamo qualcosa di neandertaliano nel nostro genoma lo trovo meraviglioso. Evidentemente in quell’antico popolo c’era qualcosa di prezioso che non doveva andare perduto e magari chissà in un futuro sarà proprio il gene neandertaliano ad aiutarci a sopravvivere alle attuali grandi trasformazioni.

Cosa sappiamo riguardo alla nascita e all’evoluzione del linguaggio? La sua introduzione che tipo di vantaggio può aver apportato allo stile di vita degli uomini primitivi?
Discendiamo dalle scimmie che sono animali sociali. Tutti gli animali che vivono in gruppo sviluppano un loro linguaggio intraspecifico per passarsi le informazioni necessarie per vivere. Quando compaiono i primi Homo anche loro avevano forme di comunicazione fondamentali per sopravvivere. Grazie anche al processo di encefalizzazione che ha accompagnato il nostro cammino evolutivo, è stato possibile immaginare e realizzare stili di vita sempre più articolati. I gruppi grazie allo sviluppo di linguaggi sempre più complessi sono divenuti man mano più coesi e organizzati. Alla fine l’introduzione della parola con i sapiens ha permesso la nascita di comunità più ampie che da nomadi sono divenute stanziali dando vita alle prime civiltà. Il linguaggio parlato, frutto di notevoli capacità di pensiero simbolico, ha favorito la trasmissione di saperi ma anche ha strutturato in modo inequivocabile l’ordine sociale che è alla base di ciascuna comunità.

Andrea Aufieri

Cerco di coltivare una curiosità basilare per questo mestiere. Lavoro con le parole e con i dati, sono il direttore di Sinapsimag e mi interessano molto le dinamiche sociali legate al progresso scientifico. andreaufieri.it

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