È piuttosto ampia la varietà di percorsi metaforici che si riuniscono intorno alla parola “giardino”. Se la definizione del dizionario ci porta in un “terreno coltivato a piante ornamentali”, l’arte specifica ci propone modelli all’inglese, alla francese, giapponesi o persiani; l’immaginazione, infine, ci conduce anche ad altri significati.
E non è una novità, se si pensa ad esempio al “Candido” di Voltaire, chiuso da quel celeberrimo «Il faut cultiver notre jardin» (“Bisogna coltivare il proprio giardino”): conoscere se stessi, i propri talenti, i propri limiti per entrare meglio in relazione con gli altri e con il mondo.
E ancora: tenere in ordine il proprio giardino privato – come uno dei tanti giardini possibili- non è forse un ottimo modo per contribuire alla bellezza complessiva degli spazi pubblici e della collettività?
Il viaggio continua: la letteratura, il cinema e l’arte sono ricchi di giardini che abbiamo amato, scoperto a poco a poco, giardini che ci hanno spaventato o sedotto. Gli esempi sarebbero tantissimi e sceglierne alcuni potrebbe essere ingiusto o comunque non semplice.
Il nostro quotidiano ci ricorderà, inoltre, quel proverbio per cui “l’orto del vicino è sempre più verde”: è proprio in quel verde accanto al nostro che riponiamo spesso le nostre insoddisfazioni e una quantità variabile di invidia. Tutta energia che sottraiamo alle piante del nostro giardino che, in fondo, può essere ed è il nostro Eden personale.
Insomma, sono tanti i temi che potremmo associare alla parola “giardino”, ma ce n’è uno davvero prezioso: la cura. Su questa parola, sarà bene tornare in una prossima rubrica.
*In cover una foto di Annie Spratt su Unsplash.