fbpx

Coronavirus e bambini, cosa c’è da sapere

Il ruolo dei bambini nella diffusione del coronavirus non è ancora chiaro. Ne sono una prova le diverse teorie che si sono diffuse e le opinioni, spesso contrapposte, degli esperti.
Partiamo da un dato oggettivo: in Italia i bambini si sono ammalati di coronavirus molto meno rispetto agli adulti. Per alcuni studiosi questo avviene perché i bambini sono a minor rischio; per altri, invece, il dato dipenderebbe dal fatto che i bambini sono stati meno esposti al virus, dal momento che le scuole sono state chiuse.
Ancora. La maggior parte dei bambini che si è ammalata di Covid-19 non ha riscontrato sintomi gravi. Alcuni bambini, però, hanno avuto sintomi molto simili alla malattia di Kawasaki, tanto da spingere i pediatri dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo a indagare le possibili correlazioni tra questa infezione e il coronavirus nei bambini.

antonio-di-mauro-pediatra-bari

Antonio Di Mauro, pediatra

Facciamo il punto con il dottor Antonio Di Mauro, pediatra al Policlinico di Bari.

Dottor Di Mauro, partiamo dalla ricerca dei pediatri di Bergamo sul collegamento tra coronavirus e malattia di Kawasaki, nei bambini. Innanzitutto, come hanno risposto i pediatri italiani a questo studio e quali scenari apre per il futuro?
La risposta dei pediatri è stata molto meno “allarmata” rispetto a quella dei media. La malattia di Kawasaki non nasce con il Covid-19. Si diagnostica e si tratta già da tempo.
Abbiamo tutti ridimensionato l’allarme nelle famiglie, pur guadando con grande interesse il lavoro dei colleghi bergamaschi e degli altri gruppi di studio inglesi ed europei.
Si è trattato per lo più di quadri clinici, con caratteristiche simili alla Malattia di Kawasaki, in pazienti pediatrici in cui è stata riscontrata positività per il SARS-CoV-2 al tampone o presenza di anticorpi anti SARS-CoV-2 alla sierologia.
Pur essendoci sia una plausibilità biologica tra l’infezione virale e l’insorgenza di una alterata risposta immune alla base dei quadri clinici simil-Kawasaki, sia il dato epidemiologico delle segnalazioni in paesi ad alta prevalenza di Covid-19, allo stato attuale delle conoscenze, possiamo affermare che le evidenze per una relazione causale tra SARS-CoV-2 e Malattia di Kawasaki sia limitata.
Inoltre, la possibilità di contrarre una sindrome simil-Kawasaki resta molto bassa nonostante il clamore dei media e le grandi preoccupazioni sollevate.
Nell’esperienza bergamasca, i 10 pazienti osservati, nonostante l’aggressività del quadro clinico, sono tutti guariti e al momento dimessi fortunatamente senza esiti. Tuttavia un atteggiamento prudenziale deve essere sempre mantenuto in quanto l’impatto di questa sindrome sulla salute dei pazienti rimane comunque alto, con un interessamento multisistemico che a volte necessita di ricovero in terapia intensiva.

Il ruolo dei bambini nella diffusione dell’infezione non è ancora molto chiaro.
Al momento abbiamo ancora pochi dati a nostra disposizione e questi dati sono spesso contrastanti tra loro.
Sembrerebbe che – al contrario di quello che accade per il virus influenzale – il virus SARS-CoV-2 colpisca meno e in maniera meno grave i bambini. Alla base di questo fenomeno ci sarebbe la minore espressione nell’epitelio delle vie respiratorie dei bambini, di alcuni recettori, ACE2, che il virus utilizza come porte di ingresso.
Alla stessa maniera, e sempre in modo diverso dal virus influenzale, i bambini avrebbero solo un ruolo marginale nel diffondere il virus tra i coetanei e verso gli adulti.
In varie casistiche infatti, sembrerebbe l’ambiente intra-familiare quello in cui il contagio avviene di frequente con adulti che infettano con maggior frequenza i bambini e non viceversa.
Il condizionale è d’obbligo e la prudenza non è mai troppa. La contagiosità dei bambini anche asintomatici o pre-sintomatici è comunque stata segnalata.

L’epidemia da Coronavirus ha ostacolato, in qualche modo, le vaccinazioni nei bambini? E in autunno cosa potrebbe accadere con l’influenza?
Questo è stato davvero un serio effetto collaterale dell’epidemia: se da un lato molte risorse umane tradizionalmente dedite alle vaccinazioni sono state dislocate e i centri vaccinali sono stati chiusi o hanno rallentato la propria attività, dall’altro la paura del contagio ha fatto sì che i genitori abbiano scelto di posticipare le sedute vaccinali. Qualsiasi sia stata la causa, molti cicli primari di vaccinazioni non sono stati avviati o non sono stati completati.
Il rischio è che all’epidemia di coronavirus, aumentando il numero di individui non vaccinati e quindi suscettibili alle malattie, possano riemergere focolai di altre malattie prevenibili con vaccino, una su tutte il morbillo, con un ulteriore carico per le strutture sanitarie già provate dall’emergenza Covid-19.
L’invito è quello di riprendere subito le sedute vaccinali presso i centri vaccinali e di arrivare in autunno con le idee chiare anche sulla vaccinazione antinfluenzale.
Vaccinarsi per l’influenza sarà fondamentale nella diagnosi differenziale, nel distinguere cioè le forme da virus influenzale da quelle da SARS-CoV-2, rendendo più facile e rapido da parte dei pediatri il riconoscimento e l’isolamento di eventuali casi di coronavirus, anche in comunità scolastiche.

In questo momento stiamo tornando, seppure gradualmente, alla normalità. È una fase in cui essere responsabili è davvero importante. Come devono comportarsi i genitori per garantire la salute dei bambini?
Con l’esempio.
I figli sono lo specchio dei genitori. I comportamenti prudenziali adottati dai genitori saranno adottati con naturalezza anche dai loro figli.
Ci vuole pazienza ma è possibile. E ho tanti esempi positivi tra i miei pazienti e le loro famiglie.

Stiamo vivendo una fase di riaperture. Le scuole restano ancora chiuse, ma si è aperto il dibattito su come far tornare gli studenti sui loro banchi, in sicurezza. Secondo lei è possibile? Come?
Consapevoli che il rischio zero non esiste, secondo me non solo è possibile, ma è anche una priorità assoluta che risponde ai bisogni di promozione del “capitale umano” e a principi costituzionali.
Bisogna riaprire le scuole o comunque spazi educativi e di socializzazione. Non possiamo più permettere che una intera generazione di bambini ed adolescenti siano privati della didattica, della socialità, della crescita psicofisica che solo la Scuola può dare. Ne va del loro benessere.
Si stima che la chiusura delle Scuole (così come le abbiamo conosciute ora, senza interventi specifici anti-contagio) possa evitare dal 2 al 4 % delle morti. Poca cosa in un Paese che ha scelto la riapertura delle attività produttive.
Nell’attuale scenario epidemiologico però il ritorno sui banchi in assoluta sicurezza lo vedo impossibile. A mio parere, la fruizione della riapertura delle Scuole dovrebbe essere volontaria, previo consenso informato. I medici, le amministrazioni comunali e i dirigenti scolastici, una volta rese chiare le norme anti-contagio e di accesso ai servizi scolastici, devono essere tutelati da eventuali azioni di rivalsa in caso di piccoli focolai epidemici.
Le regole anti-contagio da adottare sono quelle che vediamo nella vita di tutti i giorni: termo-scan, mascherine, gel idroalcolico, distanziamento sociale; alle quali si andrebbero a sommare classi ridotte, più personale, lezioni e attività outdoor, sanificazioni ad hoc.
E poi, fondamentali, gli interventi mirati di health literacy (alfabetizzazione sanitaria) su insegnanti, personale delle scuole, genitori e bambini.
Quel 2-4% di mortalità, abbassato ulteriormente dagli interventi anti-contagio, sarà un rischio minore rispetto a quello psicofisico che potrebbero correre i nostri bambini e adolescenti per una chiusura ancora prolungata.

Angela Michela Lomoro

Giornalista professionista. Per SinapsiMag curo la rubrica "Parole alla Lente", perché amo le parole e cerco di sceglierle con cura, per lavoro e per passione. Mi occupo di comunicazione in progetti di promozione culturale e innovazione sociale. Seguo con interesse la presenza delle parole sul web, con uno sguardo particolare al rapporto tra minori e digitale. Nel tempo libero mi dedico alla lettura e alla scrittura di racconti, alcuni pubblicati sul mio blog: nomicosecittablog.com.

  • 1

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *